Scienziate del novecento
la ricerca nell’ombra
Sara Sesti

Nel 1867 l'École Polytecnique di Zurigo aprì le sue
porte alle studentesse: per la prima volta, dopo secoli di ostracismo,
le donne avevano accesso allo studio delle materie scientifiche
all'interno di un ateneo. A distanza di quasi centocinquant'anni, e in
un quadro di riferimento molto diverso, il rapporto fra donne e
scienza continua a presentare forti chiaroscuri: a tutt'oggi le
scienziate insignite del Nobel sono infatti appena undici e il numero
di donne che rivestono ruoli di rilievo nella ricerca rimane esiguo,
malgrado gli ottimi risultati delle studentesse nelle facoltà scientifiche e la consistente presenza femminile in molti laboratori.
Apparentemente bizzarra, la definizione di «Nobel negati» fa
riferimento ad alcune scienziate che, pur avendo preso parte a
progetti premiati con il celebre riconoscimento, furono penalizzate
rispetto ai loro colleghi: la cristallografa Rosalind Franklin, la
biologa Nettie Marie Stevens, l'astronoma Annie Jump Cannon,
l'astrofisica Jocelyn Bell-Burnell e le fisiche Lise Meitner e
Chien-Shiung Wu. Tra di esse una soltanto è ancora in vita:
l'astrofisica irlandese Jocelyn Bell-Burnell (1943), che scoprì le stelle
pulsar nel 1967 quando aveva ventiquattro anni.
Studentessa a Cambridge, le fu assegnata come
tesi una ricerca sui quasar. Durante le sue osservazioni scoprì sui
diagrammi dei picchi inaspettati che comparivano periodicamente.
Determinante per la scoperta delle pulsar fu il fatto che la giovane
non trascurò queste «irregolarità», registrando puntigliosamente le
apparizioni ripetute. La sorgente – chiamata all'inizio LGM, Little Green Man (omino verde), quasi si
trattasse di un segnale «extraterrestre» – venne poi identificata come
una stella di neutroni rotante ad altissima velocità, la prima pulsar
appunto, e nel febbraio del 1968 la scoperta venne pubblicata su «Nature».
Ma nel 1974 fu solo Anthony Hewish, relatore della tesi, a
ricevere il Nobel per la fisica con Martin Ryle «per il ruolo decisivo
svolto nella scoperta delle pulsar». Una ingiustizia mai sottolineata
dalla stessa Bell-Burnell, ma cui cercò di rimediare l'Istituto
Franklin di Philadelphia, che assegnò la medaglia «Albert A.
Michelson» a Anthony Hewish e a Jocelyn Bell-Burnell «per uguale
impegno».
Fra le vicende delle scienziate cui il Nobel è stato negato,
emblematica è quella della fisica Lise Meitner (1878 -1968), austriaca di origine
ebrea, che insieme ai chimici tedeschi Otto Hahn e Fritz Strassmann
scoprì la fissione nucleare sul finire degli anni Trenta. Siccome Otto
Hahn riteneva ancora azzardato esporre pubblicamente la teoria, fu
Lise Meitner a scrivere su «Nature» una delle lettere più celebri
della storia della scienza, datata dicembre 1938.
Negli anni
successivi la scienziata, fuggita dalla Germania nazista e rifugiata
in Svezia, rifiutò di andare negli Stati Uniti a lavorare al Progetto
Manhattan, il programma di Fermi per l'ideazione e la costruzione
delle prime armi atomiche. Otto Hahn invece partecipò al progetto,
fallito, di costruirne una tedesca e dopo la guerra ricevette il
premio Nobel, che fu invece negato a Lise Meitner.
Altrettanto significativa è la sorte della chimica Rosalind Franklin (1920 – 1958) ,
che fornì le prove sperimentali della struttura del Dna. Per questa
scoperta ricevettero il Nobel nel '62 solo James Watson, Francis Crick
e Maurice Wilkins, che realizzarono il modello a doppia elica, reso
possibile in realtà grazie alla famosa «foto 51», scattata dalla
Franklin e sottratta dal suo laboratorio. La verità fu rivelata nel
1968 dallo stesso Watson nel libro “La doppia elica”, quando la ricercatrice era morta.
Chien-Shiung Wu (1912 – 1997) fu invece una delle 85 donne ricercatrici che parteciparono al Progetto Manhattan. Il risultato più importante della sua ricerca fu la dimostrazione, mediante un esperimento da lei stessa sviluppato, che il "principio di parità" fino ad allora ritenuto intoccabile non è sempre valido in campo subatomico. Per questa scoperta il Nobel andò solo nel 1957 ai suoi colleghi Tsung Dao Lee e Chen Ning Yang. In ambito scientifico si discusse molto se anche Chien-Shiung Wu avesse meritato il prestigioso premio: la decisione di escluderla si basava probabilmente sul fatto che la fisica teorica veniva tradizionalmente considerata più importante della fisica sperimentale, anche se in questo caso la sperimentazione costituiva l’aspetto fondamentale della scoperta.
Nettie Maria Stevens (1861-1912) fu una delle prime scienziate a farsi un nome nel campo della biologia. Nel 1905 ricevette il premio "Ellen Richards" e nello stesso anno pubblicò una ricerca che avrebbe rivoluzionato le conoscenze biologiche sulla determinazione ereditaria del sesso attraverso i cromosomi, ponendo le basi teoriche e metodologiche su cui si fondò nel 1910 il famoso laboratorio delle mosche drosofile, diretto da T. H. Morgan, che ricevette il premio Nobel di genetica nel 1933.
Annie Jump Cannon (1863 -1941) prima donna Direttore della American Astronomical Society presso l'osservatorio dell'Università Harvard a Cambridge, Massachusetts. Fece parte del gruppo di sole ricercatrici di Edward Pickering, soprannominato “l‘harem di Pickering”.. Convinto che la mente femminile fosse particolarmente adatta a lavori ripetitivi quali la catalogazione o i calcoli complicati, Pickering durante la sua direzione, impegnò 45 scienziate a ordinare, dividere, catalogare e classificare il materiale che i colleghi maschi raccoglievano ai telescopi. La Cannon cominciò a classificare e catalogare le stelle attraverso lo spettro stellare, usando una procedura del tutto personale, basata sulla ‘arbitraria’ suddivisione delle stelle in classi spettrali O, B, A, F, G, K, M, e così via. La frase: “Oh, Be A Fine Girl, Kiss Me!” divenne celebre ed è tutt’ora in uso, utilizzata da generazioni di astronomi per imparare la classificazione spettrale delle stelle. L’astronoma scoprì 300 stelle variabili, cinque novae e una nova nana. E’ ricordata anche per la sua lunga ricerca che produsse uno dei più importanti cataloghi stellari dell’800 - finanziata dalla miliardaria Ruth Draper - durante la quale analizzò e catalogò circa 500 mila spettri solari, a un ritmo di tre stelle al minuto. Ne teorizzò le differenze, gettando così le basi dello studio dell’evoluzione delle stelle. Ritenuta fin dal 1911 la più grande esperta vivente in spettroscopia, divenne professore di astronomia ad Harvard solo nel 1938 all'età di 75 anni.
Se la sfortuna di scienziate come Rosalynd Franklin si può ricollegare al
fatto che all'epoca della loro attività la presenza femminile nei
laboratori era fortemente penalizzata (spesso le donne non erano
ammesse alle mense e alle sale comuni, nei luoghi cioè dove avveniva
lo scambio di informazioni tra scienziati), studi recenti hanno
rilevato come forme sottili di discriminazione resistano anche oggi.
Un'indagine condotta con rigore statistico nel '97 dalle svedesi
Christine Wenneras e Agnes Wold e pubblicata su «Nature» ha dimostrato
che per ottenere promozioni pari a quelle di un ricercatore, una
ricercatrice deve dimostrarsi 2,5 volte più brava.
Rispetto al mancato riconoscimento dei “Nobel negati”, però mi ha sempre meravigliato il fatto che nessuna abbia mai protestato pubblicamente per il torto subito, per essere stata esclusa da un premio così prestigioso conferito, invece, a quelli con cui aveva lavorato fianco a fianco, nel migliore dei casi. Mi sono chiesta come interpretare quel silenzio. Se sia dovuto all’ambivalenza verso il riconoscimento esterno dei propri meriti: da un parte si desidera la visibilità di una ricompensa, dall’altra vi si rinuncia perché ci si accontenta di aver realizzato bene un progetto. Oppure se, come afferma Jocelyn Bell-Burnell - in un'’intervista a Tuttoscienze del 14 marzo 2007- con riferimento alla sua esperienza personale, quello che conta di più per le donne è l’autostima e il fatto di portare avanti comunque le proprie passioni. «Non ho vinto il Nobel, è vero. In compenso ho avuto tanti altri premi e in fondo è stato molto più divertente: il Nobel significa una settimana davvero fantastica a Stoccolma e poi più niente, perché nessuno osa dare un riconoscimento a qualcuno che è salito così in alto».
Versione completa dell'articolo pubblicato su il Manifesto, 18 marzo 2007, in occasione della presentazione della Mostra "Nobel Negati alle Donne di Scienza"curata da Lorenza Accusani, durante la giornata "I giardini di marzo" organizzata da futur@femminile alla Triennale di Milano il 19 marzo 2007 di cui alleghiamo il Programma
Per approfondire Sara Sesti e Liliana Moro, "Scienziate nel tempo. 70 biografie" , edizioni LUD-Milano, 2010
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